lunedì 4 dicembre 2017

La più lunga estate dell'Europa

"Alla fine è stata una giornalista di origine italiana di un quotidiano tedesco di sinistra ad esprimersi: «Ma voi avete in ogni caso sempre voluto staccarvi dall’Italia». In precedenza mi aveva fatto un complimento per il mio italiano. Alla mia replica: «Ma sono italiana!», rimase di stucco.
E solo successivamente le balzò agli occhi che nel mio italiano, a suo dire, si sarebbe percepito l’accento straniero.
Le chiesi come mai, di tutti i numerosi, variegati accenti italiani, proprio il mio potesse passare per straniero.
E lei: «Come posso dire, si sente che lei non è italiana.»
Ad un certo punto ho dovuto capire che si intendeva davvero questo per minoranza. Agli Istituti italiani di cultura non viene in mente di promuovere artisti, musicisti, autori, ecc. appartenenti a minoranze italiane - non sono considerati parte della cultura italiana.
Chi è responsabile della promozione artistica nella italo-francese Val d’Aosta? L’Italia? No. La Francia? No.
Chi invita e si accolla i costi per i giovani artisti che vengono dal multilingue Friuli o dalla regione di confine dell’Istria, dalla Slovenia, dall’ex crogiolo della monarchia KuK?
Quali istituti di cultura internazionali si occupano delle regioni periferiche? Di una cultura che potrebbe prestare voce alle persone di quei posti e dare espressione ai loro conflitti? È un caso che i populisti di destra lì siano i più attivi?
Chi li porta all’estero? Nei 93 Istituti italiani di cultura sparsi per il mondo sono rappresentati senza eccezione alcuna artisti italiani, ma nessuno che appartenga ad una delle minoranze esistenti in Italia. Chi li accoglie nelle antologie della «Nuova letteratura italiana» o nelle collettive dei «Nuovi artisti italiani»?
Una sola volta ho ricevuto un invito da parte del direttore dell’Istituto italiano di cultura a Berlino. Quando lessi degli estratti del libro «Das Herz eines Bastards», non poté fare a meno di piangere. In seguito, mi confessò di venire dal Friuli; lui stesso quindi apparteneva ad una minoranza e si riconosceva nel concetto di bastardo. Sotto Berlusconi gli venne subito revocato l’incarico. Ne ha tradotto il testo. È stata la prima ed ultima volta che un mio testo è stato tradotto in italiano; delle mie pièces di teatro sono state tradotte in sette lingue, ma nessuna in italiano."

Maxi Obexer, Europas längster Sommer, 2017

martedì 25 aprile 2017

I partigièn

Un n’è par véa d’la gloria
sa sém andè in montagna
a fè la guèra.
Ad guèra a sémi stoff,
ad patria ènca.

Evémi bsogn ad déì:
lascés el mèni lébri,
i pii, gli òcc’, a glu urèci;
lascès durmèi ‘nt e fén
s’una ragaza.
Par quèst avém sparè
a’ s sém fat impichè
a sèm andè a e’ mazèll
pianzènd ‘nt’ e’ còr
e al labri ch’al tremèva.
Mò ènca a savémi
che a pét d’un boia d’un fascésta,
neun a sémi zènta
e lòu del mariunèti.
E adèss ch’a sém mort
n’u rumpéis i quaieun
sa ‘l cerimòni,
pansè piutòst m’i véiv
ch’ì n’apa da pérd ènca lòu
la giovinezza.

Nino Pedretti, Al vòusi e altre poesie in dialetto romagnolo, Einaudi

(I partigiani. Non è per via della gloria, che siamo andati in montagna a far la guerra. Di guerra eravamo stufi, di patria anche. Avevamo bisogno di dire: lasciateci le mani libere, i piedi, gli occhi, le orecchie; lasciateci dormire nel fienile con una ragazza. Per questo abbiamo sparato, ci siamo fatti impiccare, siamo andati al macello col cuore che piangeva e le labbra che tremavano. Ma anche sapevamo che di fronte a un boia di fascista noi eravamo persone, e loro marionette. E adesso che siamo morti non rompeteci i coglioni con le cerimonie, pensate piuttosto ai vivi, che non perdano anche loro la giovinezza.)

domenica 12 marzo 2017

«Abramo, Abramo!»/"sottile sottile"

Il rabbino Marc-Alain Ouaknin, in apertura della mostra che il Musée d'Art et d'Histoire du Judaïsme dedica al Golem, ci ha fatto viaggiare per un paio d'ore tra il Maharal di Praga, Kafka, Scholem, diversi numerelli della Kabbalah (il Golem corrisponde al 73, equivalente, per esempio, alla somma dei numeri associati alla Halakhah - il rito - e alla Haggadah - il mito - ) e molto altro. Tra il molto altro, ci ha offerto, in un gioco semiserio, una lettura comparata tra Abramo e Mastro Ciliegia. Non ci avevo mai pensato, lo confesso.

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Proseguirono tutt'e due insieme; così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l'altare, collocò la legna, legò il figlio Isacco e lo depose sull'altare, sopra la legna.
Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l'angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!».
L'angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio».

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— Questo legno è capitato a tempo; voglio servirmene per fare una gamba di tavolino. —

Detto fatto, prese subito l’ascia arrotata per cominciare a levargli la scorza e a digrossarlo; ma quando fu lì per lasciare andare la prima asciata, rimase col braccio sospeso in aria, perchè sentì una vocina sottile sottile, che disse raccomandandosi:

— Non mi picchiar tanto forte! —
 
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Aggiungerei che anche Ifigenia dice eccomi, ma si ignora se la cerva che le salva miracolosamente la vita abbia emesso un verso ripetuto, in guisa di due parole uguali.  A me piace pensare che lo emise.