mercoledì 31 agosto 2011

Qu'est devenu ce front poly

Qu'est devenu ce front poly,
Ces cheveulx blons, sourcilz voultiz,
Grant entroeil, le regart joly,
Dont prenoie les plus soubtilz;
Ce beau nez droit, grant ne petit;
Ces petites joinctes oreilles,
Menton fourchu, cler vis traictiz,
Et ces belles levres vermeilles?

François Villon
Les Regrets de la belle Heaulmière, Le grand testament, LII

Che ne è di quella fronte liscia,
di quei capelli biondi, delle sopracciglia arcuate,
degli occhi distanti, dello sguardo nitido
che catturava anche i più accorti;
di quel bel naso dritto, né grande né piccolo,
di quelle orecchie minute e ben attaccate,
della fossetta sul mento, del viso chiaro ben disegnato
e di quelle belle labbra vermiglie?

I Rimpianti della bella Elmiera, Il grande testamento, LII

Villon, Manoscritto, Bibliothèque nationale de France

martedì 30 agosto 2011

Dizionario di tutte 'e cose - E come Esperimento di caduta dalla sedia

L'esperimento odierno è semplice: basta avere un cugino o, in sua mancanza, un'idea di cugino.

Si abbia un cugino che ha vissuto a Cividale (in realtà, se ne hanno due con questa peculiarità, ma si consideri solo il minore dei due, ché del maggiore, che è andato a vivere prima in Spagna e poi in Grecia, dove si trova tuttora, è più difficile parlare succintamente), ovvero in quel lembo estremo di Friuli orgoglioso del proprio passato longobardo, ma al contempo memore di un po' di storia romana, che, come ogni colonia romana, e in modo proporzionale alla sua distanza da Roma, preferisce dimenticare la parola colonia e ricordare solo l'aggettivo romana e che riassume memoria e oblio in un grande cartello maròn che accoglie il viaggiatore all'ingresso del comune (il turista, come si è dimostrato, non esiste):

Cividale
Forum Julii

cartello che qualche elfo longobardo non manca mai di correggere sostituendo la J con C.

Ora si ricordi che questo cugino, da bambino, a Pasqua, giocava al truc.




Come tutti sanno, le regole del truc sono otto:

1. Si impiegano solo uova sode di gallina.
2. L'obiettivo è colpire una o più uova all'interno del truc.
3. L'uovo al momento del lancio deve toccare il cop (la tegola).
4. L'uovo deve essere lasciato andare senza spinta.
5. Chi riesce a colpire un altro uovo, effettua subito un altro tiro.
6. Il proprietario dell'uovo toccato, per rientrare in gioco, deve riscattarlo da chi l'ha colpito e mettersi in coda per rilanciare.
7. Se l'ultimo giocatore non colpisce alcun uovo, il gioco viene ripreso da chi per primo ha lanciato l'uovo nel truc e quindi è in sosta da più tempo (vecjo di truc).
8. Chi si ritira dal gioco deve lasciare il riscatto al posto dell'uovo (in genere una moneta).


Poi, senza mai dimenticare di avere questo cugino di Cividale, ci si metta a leggere un romanzo a caso, diciamo polacco.


Potem nastawały senne gwary święta, słodycz bułek i kaczanie jajek. Tor dzieci układały z darni, lekko wewnątrz wgięty, wyłożony kawałkami blachy dla rozpędu. Nie ma dwóch jajek, które by toczyły się tak samo, trzeba umieć zgadnąć po kształcie jak pójdzie jeżeli położy się je na brzegu rynienki z prawej strony, jak jeżeli z lewej, jak jeżeli pośrodku. Oto już dobrze, dobrze, już dopędza inne jajka, co leżą rozproszone jak stado krów, już stuknie i wzbogaci właściciela, ale nie, chybocząc się według jakichś swoich własnych chęci, przebiega obok o palec albo zatrzymuje się, nim zdążyło...

Czesław Miłosz, Dolina Issy, 1955

Poi arrivavano i rumori attenuati della festa, le brioches dolci e le corse delle uova. I bambini preparavano una pista sul prato, leggermente incurvata all'interno, rivestita di pezzetti di latta per conferirle velocità. Non esistono due uova che rotolino allo stesso modo; bisogna saper indovinare in base alla loro forma come si comporteranno se le si mette sul bordo destro della pista, sul bordo sinistro o in mezzo. Va bene, molto bene, l'uovo raggiunge già altre uova, sparpagliate come una mandria di mucche, ci cozzerà contro e arricchirà il suo proprietario - ma no, eccolo che si mette a vacillare e ad andare di traverso obbedendo a non si sa quali altri desideri interni; manca le altre di un dito o si ferma prima di essere riuscito a raggiungerle.

Czesław Miłosz, Sur les bordes de l'Issa, traduit du polonais par Jeanne Hersch, Gallimard, 1956

Bam.

Se appena prima di cadere si googla un po', si troverà che tra il fiume friulano Natisone e il fiume lituano Nevėžis (corrispondente al letterario Issa di Miłosz), tra i sorbi di Lausitz, ripartiti tra Germania e Polonia, c'è qualcun altro che potrebbe cadere dalla sedia se a sua volta un giorno andasse a Cividale o nella valle del Nevėžis, ovvero tutti quelli che, intorno a Lausitz, giocano al Waleien (walkawanje o walkowanje).
È chiaro che le brioches lasciano il profumo della traduzione in cui l'ho letto. Se ne avessi letto una traduzione italiana, probabilmente il profumo sarebbe quello della pinza.

Discurso que tendría éxito

Señores:

Aspiro a ser diputado, porque aspiro a robar en grande y a "acomodarme" mejor.

Mi finalidad no es salvar al país de la ruina en la que lo han hundido las anteriores administraciones de compinches sinvergüenzas; no, señores, no es ese mi elemental propósito, sino que, íntima y ardorosamente, deseo contribuir al trabajo de saqueo con que se vacían las arcas del Estado, aspiración noble que ustedes tienen que comprender es la más intensa y efectiva que guarda el corazón de todo hombre que se presenta a candidato a diputado.

Robar no es fácil, señores. Para robar se necesitan determinadas condiciones que creo no tienen mis rivales. Ante todo, se necesita ser un cínico perfecto, y yo lo soy, no lo duden, señores.
En segundo término, se necesita ser un traidor, y yo también lo soy, señores. Saber venderse oportunamente, no desvergonzadamente, sino "evolutivamente". Me permito el lujo de inventar el término que será un sustitutivo de traición, sobre todo necesario en estos tiempos en que vender el país al mejor postor es un trabajo arduo e ímprobo, porque tengo entendido, caballeros, que nuestra posición, es decir, la posición del país no encuentra postor ni por un plato de lentejas en el actual momento histórico y trascendental. Y créanme, señores, yo seré un ladrón, pero antes de vender el país por un plato de lentejas, créanlo..., prefiero ser honrado.
Abarquen la magnitud de mi sacrificio y se darán cuenta de que soy un perfecto candidato a diputado.

Cierto es que quiero robar, pero ¿quién no quiere robar? Díganme ustedes quién es el desfachatado que en estos momentos de confusión no quiere robar. Si ese hombre honrado existe, yo me dejo crucificar. Mis camaradas también quieren robar, es cierto, pero no saben robar. Venderán al país por una bicoca, y eso es injusto. Yo venderé a mi patria, pero bien vendida. Ustedes saben que las arcas del Estado están enjutas, es decir, que no tienen un mal cobre para satisfacer la deuda externa; pues bien, yo remataré al país en cien mensualidades, de Ushuaia hasta el Chaco boliviano, y no sólo traficaré el Estado, sino que me acomodaré con comerciantes, con falsificadores de alimentos, con concesionarios; adquiriré armas inofensivas para el Estado, lo cual es un medio más eficaz de evitar la guerra que teniendo armas de ofensiva efectiva, le regatearé el pienso al caballo del comisario y el bodrio al habitante de la cárcel, y carteles, impuestos a las moscas y a los perros, ladrillos y adoquines...

¡Lo que no robaré yo, señores! ¿Qué es lo que no robaré?, díganme ustedes. Y si ustedes son capaces de enumerarme una sola materia en la cual yo no sea capaz de robar, renuncio "ipso facto" a mi candidatura...

Piénsenlo aunque sea un minuto, señores ciudadanos. Piénsenlo. Yo he robado. Soy un gran ladrón. Y si ustedes no creen en mi palabra, vayan al Departamento de Policía y consulten mi prontuario.
Verán qué performance tengo. He sido detenido en averiguación de antecedentes como treinta veces; por portación de armas -que no llevaba- otras tantas, luego me regeneré y desempeñé la tarea de grupí, rematador falluto, corredor, pequero, extorsionista, encubridor, agente de investigaciones, ayudante de pequero porque me exoneraron de investigaciones; fui luego agente judicial, presidente de comité parroquial, convencional, he vendido quinielas, he sido, a veces, padre de pobres y madre de huérfanas, tuve comercio y quebré, fui acusado de incendio intencional de otro bolichito que tuve...

Señores, si no me creen, vayan al Departamento... verán ustedes que yo soy el único entre todos esos hipócritas que quieren salvar al país, el absolutamente único que puede rematar la última pulgada de tierra argentina... Incluso, me propongo vender el Congreso e instalar un conventillo o casa de departamento en el Palacio de Justicia, porque si yo ando en libertad es que no hay justicia, señores...

Con este discurso, lo matan o lo eligen presidente de la República.

Roberto Arlt, Aguafuertes porteñas, Buenos Aires, 1933

lunedì 29 agosto 2011

Casi

Questa volta non è stato per caso che ho trovato dei versi, questa volta li ho cercati, i versi del poeta del XII secolo a cui probabilmente l'autore di Flamenca si è più che ispirato: Peire Rogier o Rogiers che scriver si voglia. Cercandoli, ho tuttavia trovato per caso un manoscritto della seconda metà del XIII secolo su cui hanno lasciato delle note a margine quei vandali del Petrarca e del Bembo.



Ailas! - Que plang? - Ia tem morir. - Que as? - Am. - E trop? - Eu oc, tam que'n muer. - Mors? - Oc. - Non potz guerir? - Tan son iratz. - De que? - Delleis, don son aissos. - Sufre. - Nom val. - Clam merces. - Si fas. - Non ai pro? - Pauc. - Not pes, s in tras mal. - No? - Co fas dellei.

Peire Rogier, Ges non puesc en bon vers fallir

Ahimè! Di che ti lamenti? - Ho paura di morire. - Che hai? - Amo. - E troppo? - Sì, al punto da morirne. - Muori? - Sì. - Non puoi guarire? - Sono così rattristato. - Da che? - Da colei che mi rende così ansioso. - Pazienta. - Non vale. - Chiedile pietà. - Se lo faccio. - E non aiuta? - Poco. - Non disperare, se ti fa male. - No? - Fallo per lei.

Le trascrizioni sono le più varie: la mia è basata il più possibile sul manoscritto trovato.

La lirica occitana non è remota né nel tempo né nello spazio, la lirica occitana è viva e lotta con noi. A parte lo splendore dell'opera di Max Rouquette, in Italia, per esempio, a mia conoscenza, nel Novecento ci sono stati almeno due poeti che, come i provenzali delle origini, grazie all'intercessione proprio del primo dei due suddetti vandali, non si sono mai vergognati di confrontarsi apertamente con i sentimenti in generale e col sentimento d'amore in particolare, nonostante avessero di fronte a sé un'ulteriore difficoltà, oltre a quella che è intrinseca al parlare di sentimenti senza cadere nel ridicolo, e cioè che, a differenza dei provenzali, si sono trovati a vivere in un'età in cui solo le avanguardie sembravano (sembrano?), agli occhi dei più, avere un peso ed una dignità e in cui non ci si poteva più  nascondere dietro l'eventuale scusa di trovarsi agli esordi della poesia in lingua volgare: uno è stato Giacomo Noventa, l'altro, almeno in una certa misura, Virgilio Giotti, entrambi, non a caso, poeti dialettali. La Provenza italiana, nel '900, a mia conoscenza, se n'è stata nascosta - alla portata di tutti e al contempo ben appartata - nel profondo nord-est, ma forse questo dipende solo dal caso che mi tocca da più vicino perché io, in quel profondo nord-est, ci sono nata e ne ho respirato a lungo l'aria - tutta, non solo quella delle Zastava prima e dei camion dell'Europa dell'est poi.

Parole scrite d'amor

Parole scrite d'amor zogàe, vendùe,

Gavèsse 'vùo 'na dona un solo zorno
Che ghe gavèsse par amor capìe,

No' 'varìave, no', scrite nè ditàe
Mie parole d'amor.

Donàe, donàe ve gavarìa
E perse volentiera.

Giacomo Noventa
1933

Benvenuti nel 1234

(v. 3949) — Hai las !
(4344) — Que plains ?
(4503) — Mor mi !
(4761) — De que ?
(4878) — D’amor.
(4940) — Per cui ?
(4968) — Per vos.
(5039) — Qu’en pusc ?
(5096) — Garir !
(5155) — Consi ?
(5204) — Per gein.
(5230) — Pren li !
(5309) — Pres l’ai !
(5458) — E cal ?
(5460) — Iretz...
(5465) — Es on ?
(5467) — Als banz.
(5487) — Cora ?
(5499) — Jorn breu e gent.
(5721) — Plas mi.

— Ahimè!
— Di che vi lamentate?
— Muoio!
— Di che?
— D'amore!
— Per chi?
— Per voi.
— Che posso fare?
— Guarirmi.
— Come?
— Con un sotterfugio.
— Trovatelo!
— Trovato!
— E quale?
— Andrete...
— Dove?
— Ai bagni.
— Quando?
— Presto, un bel giorno.
— Piacemi!

Dialogo tra Guillem e Flamenca, sviluppato in chiesa nel corso delle messe celebrate tra il 7 maggio e il primo agosto 1234, tratto dal romanzo occitano del XIII secolo Flamenca, il cui unico manoscritto, incompleto, si trova nella biblioteca municipale di Carcassonne. Il dialogo comprende una battuta per funzione, cui Guillem partecipa travestito da chierico per cercare di rivedere Flamenca, da cui è rimasto folgorato (l'ha intravista solo fugacemente nel momento in cui lei si è scostata per un attimo il velo per sputare, a voler essere precisi).
Lo storico Jean Verdon vi accenna, nel mare delle informazioni scambiate tramite corrieri, araldi e messaggeri vari, in Information et désinformation au Moyen Age, Perrin, 2010 nell'ambito di un capitolo dedicato ai luoghi utilizzati all'epoca per lo scambio di informazioni. È un testo, quello di Verdon, che fa necessariamente pensare a come ci troviamo in pieno Medioevo, a parte le ovvie differenze dovute allo sviluppo tecnologico: basta sostituire il Vaticano con la CIA, i mercanti fiorentini e le loro corporazioni con le multinazionali, gli ebrei con gli immigrati indesiderati, le missive con le email, le balestre con i droni e la Provenza con Hollywood.

Nota: Jorn breu e gent deve essere un errore editoriale e dovrebbe limitarsi a Jorn breu: sta lì incongruamente solo per rompere le bisillabe.

domenica 28 agosto 2011

Tutti viaggiatori

Casa,  28 agosto 2011
Anche oggi, neanche un fiorino.
F., Taccuino di viaggio 2011

Nessuno lo sa (ancora), ma a casa ho un premio destinato alla prima persona disposta ad ammettere candidamente che viaggia da turista. Se nessuno lo ammette, dev'essere una cosa che provoca molta vergogna, anche se a me, che mi sento sempre turista, anche quando mi sposto dalla camera da letto alla cucina per fare il primo caffè della mattina e noto ogni giorno con costernazione che riesco a passare indenne per il corridoio senza dover sborsare neanche un fiorino, ne sfugge completamente il motivo.

sabato 27 agosto 2011

Il mio amato dinosauro

Besuch beim älterem Staatsmann Seine Gesundheit
Ist angegriffen der Wodka nur für die Gäste
Beim Tee seine Hände Der zögernde Griff
Nach dem Teeglas Es könnte voll Blut sein Er kennt
Die Verbrechen des Jahrhunderts Hin und her
Zwischen den geheimen Mächten 30 000
Haben die Briten in Griechenland ...
Die Amerikaner wollten de Gaulle ...
Churchill bezog ein Salair von ... Der Folterer Barbie
War der Erfinder der Barbiepuppe Die Helden des 20. Juli
Sind Märtyrer geworden weil der ...
Seine Hand aus der Operation zog Und sein Geld
Als Stauffenberg Linkshänder wurde Die Balten
Haben den Deutschen viel Arbeit erspart mit den ...
Ich habe Angst vor meinem eignen Schatten
Sagte Stalin zu Shukow 1946
Als Hitler der Treibstoff ausging begann der Golfkrieg
Und welches Volk in Europa wäre nicht glücklich
Heute mit fröhlicher Mehrheit unter dem Hakenkreuz
Der letzten Utopie des Kapitals
Wie das deutsche Volk glücklich war erstmalig
In seiner grauen Geschichte voll geografischen Unheils
In der Freiheit von Juden Zigeunern Perversen
Kommunisten Asylantenpack
Die Wälder intakt und die Wiesen Bis die Rechnung kam
Was wußte Hegel der Stümper von Politik
Aus der Geschichte lernen heißt das Nichts lernen
Politik ist DAS MACHBARE Ein Männertraum
Aus dem kein Kind schreit In allen Sprachen
Heißt die Zukunft Tod Die Hände des älteren Staatsmanns
Manchmal sieht er sie an und bewegt sie im Schweigen
Wie beim Gespräch Sein Monolog ist stumm
Mit dem Blick auf seine Hand zögernd am Teeglas
Das Vergessen macht den erfolgreichen Staatsmann
Ihre Gefühle Hatten Sie Gefühle Welche wenn ja
Bei der Vertreibung aus Ihrem letzten Büro
Gefühle Nichts fühlte ich nichts nichts nichts nur die bittere Leere
Beim Zuhören hinter Gerüchten Mythen Legenden
Tauchen die Nachrichten auf wird mein Blick
Auf seine Hände zum Spiegelblick Seine Trauer gerinnt
Zu meinem kälteren Text Was geht mich die Welt an Ich
Esse ihre Bilder Die Wahrheit WAHRHEIT
Ist kein Gegenstand Die Farben der Lüge sind
Mein Bier Ich verlasse den älteren Staatsmann
Seine Gestalt in der Tür gebeugt von HERRSCHAFTSWISSEN
Seinen doppelten Händedruck Mit dem erhabnen Gefühl
Daß die Welt an uns vorbeigeht und es macht nichts

Heiner Müller
1992


Visita da uno statista invecchiato La sua salute
È compromessa la vodka solo per gli ospiti
al momento del tè le sue mani La presa esitante
Del bicchiere di tè Potrebbe benissimo essere sangue Lui conosce
I crimini del secolo di qua e di là
Tra le potenze segrete 30 000
I britannici in Grecia ne hanno ...
Gli americani volevano .... de Gaulle
Churchill percepiva un salario da ... Il boia Barbie
Fu l'inventore della bambola Barbie Gli eroi del 20 luglio
Sono diventati martiri perché il ...
Tolse la propria mano dall'operazione e i suoi soldi
Quando Stauffenberg divenne mancino i baltici
Hanno risparmiato ai tedeschi molto lavoro con il ...
Ho paura della mia stessa ombra
Diceva Stalin a Žukov nel 1946
Quando Hitler rimase senza carburante iniziò la guerra del Golfo
E quale popolo in Europa non sarebbe felice
Oggi con un'allegra maggioranza sotto la croce uncinata
L'ultima utopia del capitale
Com'era per la prima volta felice il popolo tedesco 
Nella sua grigia storia piena di disgrazie geografiche
Nella libertà di ebrei zingari pervertiti
comunisti genia di richiedenti asilo
I boschi intatti e i prati finché arrivò il conto
Che ne sapeva Hegel la schiappa della politica
Imparare dalla storia significa imparare il nulla
La politica è IL FATTIBILE Un sogno maschile
Da cui nessun bambino strilla In tutte le lingue
Il futuro si chiama morte Le mani dello statista invecchiato
Di tanto in tanto le guarda e le muove in silenzio
Come durante il dialogo il suo monologo è muto
Con lo sguardo sulla mano esitante col bicchiere di tè
L'oblio rende lo statista un uomo di successo
I loro sentimenti Avevano sentimenti Quali se sì
Quando furono espulsi dal loro ultimo ufficio
Sentimenti Niente non sentivo niente niente solo l'amaro vuoto
Ascoltando dietro voci miti leggende
Emergono le notizie il mio sguardo diviene
Sguardo riflesso sulle sue mani Il suo dolore coagula
Nel mio testo più freddo Che mi importa del mondo Io
mangio le loro immagini La verità VERITÀ
non è un soggetto I colori delle menzogne sono
La mia birra Lascio lo statista invecchiato
La sua figura sulla soglia piegata dalla SCIENZA DEL DOMINIO
La sua doppia stretta di mano col sentimento sublime
Che il mondo ci passa accanto e non fa niente

*

Nell'ultimo mio passaggio a Monaco, nonostante il rumore di fondo che mi ha costantemente accompagnata durante il viaggio e la permanenza in città, ho ripensato a Heiner Müller, al modo in cui il mio amato vecchio dinosauro vedeva le cose e al modo in cui le raccontava. Non era un ottimista, Heiner: diceva che l'ottimismo è solo mancanza di informazione. Se è così, mi chiedo che cosa possa provocare la distorsione dell'informazione: un sogno preconfezionato da altri, probabilmente. Di solito, quando vado a Monaco, sono sola e ne torno con riflessioni che se fossi a casa non sarei proprio in grado di fare. Per esempio, passo per l'Isartor e mi è inevitabile pensare all'accelerazione subita dalla storia tedesca (l'Isartor è, seppur di poco, posteriore a Dante) e alla decelerazione subita da quella italiana. Dietro agli sviluppi e alle decadenze forse c'è solo l'ascesa dei Fugger e il declino delle banche fiorentine e senesi, ecc. ecc. Solo che stavolta il rumore di fondo mi ha quasi impedito di pensare, da cui l'infelice ecc. ecc. Questa volta mi ha accompagnata in effetti una texana, le cui lontane origini tedesche niente hanno potuto e possono rispetto al suo essere texana. Simpatica, anche, ma pur sempre convintamente texana, il che significa che ho dovuto fare degli esercizi zen - che tra l'altro ignoro - per giustificare tutto. Generalmente penso alle parole che uso e quando dico tutto intendo tutto: perché prendiamo l'S-Bahn per andare dall'aeroporto al centro, perché l'S-Bahn ci mette quasi un'ora per giungere a destinazione al posto dei preventivati 35 minuti, perché c'è gente che va in bicicletta, perché non c'è l'aria condizionata ovunque, perché dove è presente non è regolata al massimo, perché andiamo a mangiare in un Biergarten e non in un ristorante appartenente ad una catena, perché bevo mezzo litro di Weißbier, perché non si serve la Coke con un quintale di ghiaccio, perché l'albergo non ha il wi-fi, perché c'è il piumino sul letto, perché sui cuscini ci sono i Gummibärchen, perché parlo tedesco, perché ad agosto molte persone sono in vacanza, perché la gente ha l'audacia di prendere due o addirittura tre settimane di ferie di seguito, perché le scale mobili sembrano fuori servizio e invece si avviano se ci si posa il piede sopra, perché in altre occasioni, passando per Monaco, ho voluto visitare il campo di Dachau, perché non ci sono migliaia di voli a disposizione per tornare a Parigi e ci tocca aspettare un bel po' all'aeroporto, perché, poi, la scelta di chips è così tristemente limitata. Ho cercato di dare una risposta a tutti i suoi perché. Se l'abbia soddisfatta, non lo so, probabilmente no. Tornando a casa, mi sono ripromessa di tradurre una poesia del dinosauro (non di Spielberg) Heiner Müller. A me piacciono i dinosauri, appena appena dopo la Weißbier.

giovedì 25 agosto 2011

Or vedi

Il libro preferito di Gesualdo Bufalino era il dizionario della lingua italiana: ne leggeva un lemma al giorno, diceva, aprendo il dizionario a caso. Secondo me Bufalino mentiva, o quanto meno diceva solo una parte della verità. Un assiduo lettore di dizionari riesce a limitarsi raramente alla consultazione di un solo lemma, altrimenti non sarebbe un lettore di dizionari. Anche se apre il dizionario a caso con l'intenzione di leggere la definizione di un solo termine, notoriamente, il lettore di dizionari si lascia docilmente distrarre da una voce contigua o da una propria associazione mentale, banale o ardita che sia, se non da un esplicito rimando riportato dal testo, anzi, intimamente, il lettore di dizionari in realtà cova sempre la speranza di imbattersi almeno in una piccola reazione a catena e, se è in vena d'ottimismo, nella reazione a catena perfetta, quella generata da una serie di rimandi, guidati o personali, a voci reciprocamente concatenate, per cadere tra le spire di un percorso circolare senza fine, da cui solo la risoluta, energica presa di una mano amica lo può estrarre per riportarlo alla vita esterna al testo.
Ora, avrei potuto semplicemente dire che sono presa tra un impegno lavorativo e l'altro, ma mi sembrava più bello lasciare immaginare che mi trovo felicemente incastrata tra le pagine di un dizionario.

poesia 〈poe·sì·a〉 (arc. lett. poesì) s.f. ... P- visiva, vedi visivo ... -> relativo alla vista ->... Femm. sost. di visto, p. pass. di vedere -> 7. estens. Guardare con attenzione, osservare: el disse: "or vedi", E mostrommi una piaga a sommo il petto (Dante)

Giacomo Devoto, Gian Carlo Oli, Vocabolario della lingua italiana, Le Monnier, 2007

*

A proposito di poesia, di bellezza, di semplicità, di felicità e di circolarità, è uscito un romanzo che si intitola "Nos cheveux blanchiront avec nos yeux". È il primo romanzo di Thomas Vinau, è edito da Alma éditeur e ha un percorso scandito tra Le dehors du dedans (Quand on aime il faut partir. Blaise Cendrars) e Le dedans du dehors (J'ai l'obstination farouche d'être doux. Victor Hugo, L'année terrible). Tenuto conto sia del romanzo sia del modo in cui Thomas si prepara alle serate letterarie, gli auguro mille traduzioni.

domenica 21 agosto 2011

Guerra preventiva

Vou atirar uma bomba ao destino.

Álvaro de Campos
Livro de Versos, Fernando Pessoa (Edição crítica. Introdução, transcrição, organização e notas de Teresa Rita Lopes), Lisboa: Estampa, 1993. - 42.

Pensando alla Libia

En icelle estoit le pays de Satin, tant renommé entre les pages de Cour: duquel les arbres et herbes ne perdoient fleurs ne feuilles, et estoient de damas et velours figuré.
Rabelais, Pantagruel, Livre V, Chapitre XXX, Comment nous visitasmes le pays de Satin, pages 298-302
(it.)


et vismes un petit vieillard bossu, contrefait et monstrueux; on le nommoit Ouy-dire : il avoit la gueule fendue jusques aux aureilles, et dedans la gueule sept langues, et chaque langue fendue en sept parties ; quoy que ce fust, de toutes sept ensemblement parloit divers propos et langages divers : avoit aussi parmy la teste et le reste du corps autant d'aureilles comme jadis eut Argus d'yeux ; au reste estoit aveugle et paralytique des jambes.
Rabelais, Pantagruel, Livre V, Chapitre XXXI, Comment au pays de Satin nous veismes Ouy-dire, tenant escole de tesmoignerie, pages 302-305
(it.)

Sentite questa, oggi, se vi va. Pur se superfluamente, vorrei provare a parlare un po' anch'io della Libia, anche se non l'ho mai vista, anche senza muovermi di un millimetro dalla mia sedia. Anzi, proprio per questo.

Lo faccio, come è facile capire, partendo da Rabelais. Attraverso la lunghissima serie di lenti che sono frapposte tra me e Rabelais, costituite dal vetro del tempo che ci separa, in senso assoluto ma anche nel senso che lui ha colto del suo tempo e in quello che io colgo del mio, dal vetro dei ricordi che ho serbato ed elaborato da una ormai datata lettura dei suoi testi, dal vetro delle lenti dell'interprete che ho incontrato di recente (Lucien Febvre, Le problème de l'incroyance au XVIe siècle. La religion de Rabelais, Albin Michel, 2003), che è un vetro sbozzato anche dall'azione delle turbolenze dell'anno in cui l'interprete ha scritto, il 1942, attraverso tutte queste infinite lenti, dicevo, la visione che ho complessivamente filtrato da quest'ultimo incontro è molto sfocata, tanto che per onestà, forse, non dovrei riportarne proprio niente. Eppure cercare di riportarne anche solo una piccola parte malgrado tutto questo, oggi - eccezionalmente - ha un minimo di senso perché fa parte dell'esercizio stesso.

Tra le ombre sfocate intraviste qua e là nel corso dell'incontro con Febvre e dal conseguente risfogliare Rabelais, c'è in effetti una scena che mi appare messa a fuoco alla perfezione e quindi estremamente nitida, molto probabilmente per una combinazione più che casuale nella disposizione delle lenti che ho detto, che ne ha allineato sulla stessa retta i successivi fuochi, potenziando a dismisura la visione che ne ho tratto. Febvre, in un capitolo della sua opera, interpreta il paese di Satin del libro V di Pantagruele alla luce del carattere meramente compilatorio di molte opere che erano state pubblicate poco prima della nascita di Rabelais e durante la sua vita. Nelle pagine dedicate da Rabelais a Satin, un paese tappezzato di damasco e velluto, domina il ritornello "et tout par Ouy-dire" (o nella variante ortografica Ouï-dire, cioè Sentito dire): sono, come tutto il libro V, pagine del 1564 e non si sa nemmeno per certo se siano state scritte effettivamente da Rabelais (altra lente?). Febvre, per giustificare la propria interpretazione, ne nomina molte, di tali opere compilatorie, tra le quali compaiono gli Astronomici Veteres, Manuzio, Venezia, 1449, le Herbarum vivae icones ad naturae imitationem effigiatae di Otto Brunfels, Argentorati, Strasburgo, 1530, l'Historia stirpium di Fuchs, Officina Isingriniana, Basilea, 1542, le Historiae animalium di Gessner, Froschauer, Zurigo, 1551, i Poissons di Rondibilis, Lione, 1554, De re metallica di Agricola, Froben, Basilea, 1555, ecc. ecc., se vogliamo tralasciare (ma non vogliamo) la pubblicazione delle opere del sapere antico, greco e latino (l'Historia naturalis di Plinio, Giovanni da Spira, Venezia, 1469, la Cosmografia di Tolomeo, Lapi, Bologna, 1475, De historia animalium di Aristotele, Manuzio, Venezia, 1495-1498,  l'Historia plantarum di Teofrasto, Manuzio, Venezia, 1495-1498, le opere di Galeno, Manuzio, Venezia, 1525, e quelle di Ippocrate, Manuzio, Venezia, 1526, gli Elementi di Euclide, Hervagius, Basilea, 1533, le Opere di Archimede, Hervagius, Basilea, 1544) e naturalmente l'opera di Avicenna (1473, 1476 e 1491).

Senza alcuna intenzione di mettere minimamente in discussione l'interpretazione di Febvre, che è serissima e ragionata e ha il pregio di colpire al cuore la bizzarra ma radicata idea per cui gli uomini del Rinascimento venerassero incondizionatamente tutti i libri, tuttavia la scena nitida di cui dicevo non vuole proprio togliersi dai miei occhi di oggi ed è semplicemente il ritratto - rabelaisiano o meno, poco importa, in questa sede - del vecchio gobbo Ouy-dire, cieco perché non ha bisogno di vedere, dalle gambe paralitiche perché non ha bisogno di spostarsi per conoscere, tutto orecchi per poter sentire i "sentito dire" e dotato di una bocca estesa fino alle orecchie e di sette lingue, ciascuna ripartita in sette parti, per poter riportare ad altri, in tutte le lingue del mondo e tutti i giorni della settimana, ciò che ha sentito dire. Ouy-dire è circondato da un vasto uditorio di uomini e donne che ascolta con attenzione ed impara tutto molto rapidamente (en peu d'heures), senza particolari sforzi: gli basta in effetti pochissimo tempo per farlo e tutto per Sentito dire.

A questo punto, per completare l'esercizio, prima di alzarmi dalla sedia, dovrei almeno corredare il reportage con una foto, non necessariamente informativa (qualsiasi cosa può andare bene: la foto di una gazzella, per esempio, va benone). Chiaramente, non intendo sottrarmi a questa regola basilare: che Sentito dire sia il personaggio del 51° disegno e che il mantello gli copra tutte le orecchie?

sabato 20 agosto 2011

Ricordati

Ricordati di innestare le viti.

Giuseppe Semplicino (Manoppello 1914-Marcinelle 1956) alla moglie in una lettera del 29 luglio 1956

(link - L'Unità riporta il nome Simplicino, wikipedia Semplicinno, il sito cultura.inabruzzo.it Semplicino.)

falamaleikum


falamaleikum
falamaleitum
falnamaleutum
fallnamalsooovielleutum
wennabereinmalderkrieglanggenugausist
sindallewiederda.
oderfehlteiner?

Ernst Jandl
Laut und Luise, 1966
(video)


calamelecco
cadamelecco
cadonelecco
cadonafrottecco
maquandolaguerraèfinitadaunpezzo
sontuttiacasa.
omancaqualcuno?

(Stendendo un vello peloso sul mio, il percorso di Jandl è più o meno questo: Salam alaikum / falamaleikum / falamaleitum / falnamaleutum / fallen einmal sooo viele leute um / fallnamalsooovielleutum...)
(Tratta da Forte e Pino, 1966, comunque.)

Bonjour, messieurs dames

kennen sie mich herren
kennen sie mich herren
kennen sie mich herren
meine damen und herren
Ernst Jandl

'Morgen.
'Morgen.
Bitte.
Danke.
Irgendwo,  irgendwann.

Generalmente crediamo che "bonjour" e "merci" appartengano ad un vocabolario universale che accompagna i gesti fondamentali del saluto e della gratitudine. Ci sbagliamo, perché queste parole in apparenza semplici sono in realtà di difficile impiego per coloro che vengono da altrove, nel senso che ciò è profondamente legato al modo particolare di essere con gli altri presupposto dalla lingua francese. "Bonjour" e "merci" presuppongono un "essere insieme" molto diverso da quello che si trova iscritto nella lingua giapponese. Mi sono reso conto presto che non si poteva dire in Francia "bonjour" e "merci" come si direbbe in Giappone "konnichiwa" (o "ohayôgozaimasu") e "arigatô".
Nelle panetterie, nelle tabaccherie o in altri piccoli negozi, fui colpito dal fatto che degli uomini (e, meno spesso, delle donne) entrassero nel negozio dicendo a tutti: "Bonjour, messieurs-dames", o semplicemente "bonjour" o ancora, succintamente: "Messieurs-dames". Salutare degli sconosciuti? E sì, è una cosa frequente in Francia; basta camminare per le vie di Parigi o prendere il métro, prestare attenzione agli spettacoli che si offrono qua e là nei luoghi pubblici. Al contrario, nel mio paese, un simile gesto, potenzialmente creatore di legami, sarebbe percepito come una violenza inaccettabile o quanto meno come un'incongruità sospetta. La vita sociale è organizzata in modo tale che un individuo (non un gruppo costituito come i militanti politici o i sindacalisti...) non si deve rivolgere, per quanto si possa evitare, ad uno sconosciuto, vale a dire a qualcuno che non appartenga alla sua stessa comunità. Gli sconosciuti sono per definizione sospetti. Il 3 febbraio, i giapponesi festeggiano il primo giorno di primavera gridando "Fuori gli orchi, felicità in casa!"; il gesto che accompagna questo grido, quello della lapidazione, consiste nel gettare dei semi di soia sugli orchi che si aggirano per il mondo esterno. L'interno è benedetto; l'esterno è popolato da stranieri pericolosi o potenzialmente maligni. Da cui la tendenza al conformismo, al desiderio di non turbare la pace del gruppo. Da cui anche, inversamente, la difficoltà di entrare in contatto con altre persone al di fuori del proprio gruppo di appartenenza.
In Francia, non sono mai riuscito a dire nella mia panetteria: "Bonjour, messieurs-dames."

Akira Mizubayashi, Une langue venue d'ailleurs, Gallimard, 2011

venerdì 19 agosto 2011

Ni la grandeur ni la petitesse

中国很大。法国不大也不小。
(La Cina è molto grande. La Francia non è né grande né piccola.)

Leilei Li, Chinois débutant, Librairie Générale Française, 2004

giovedì 18 agosto 2011

Entusiasmo!

Nei vicoli di quest blog, grazie ad Enrico, c'è grande entusiasmo, anche se non siamo ancora arrivati alla desiderata meta.

Cominciamo subito col ringraziare la Biblioteca Civica di Bassano del Grappa perché gli ha dato delle informazioni preziose che contribuiscono ad orientare meglio la sua ricerca: Enrico vorrebbe infatti trovare lo spartito della ciaccona "Acceso mio core" di Fasolo(?). C'è qualcuno tra i lettori abituali o tra i passanti che possa aiutarlo? Vogliamo risparmiargli un lungo lavoro di trascrizione ad orecchio?

Proseguiamo poi incoraggiando la casa editrice Alpha a rispondergli, perché pensiamo possano farlo, almeno per cortesia:

Madame, Monsieur,

merci de répondre à Enrico au sujet de la partition musicale de la chaconne "Acceso mio core" du musicien connu sous le nom de Fasolo. Ou pourrait-on la trouver? Toute information disponible sera la bienvenue.

Merci en avance.

Francesca Giovannini

E, già che ci siamo:

Wir sind auf der Suche nach der Partitur zur Chaconne "Acceso mio core" von Fasolo. Kann jemand uns helfen? Wir würden uns sehr darauf freuen!
Danke im Voraus.

We are looking for the score of the chaconne "Acceso mio core" by Fasolo. Could somebody help us? You would make at least two persons happy!
Thank you in advance.




P.S. Quando avevo preso il CD, da qualche parte in rete avevo letto dei commenti sarcastici di ascoltatori italiani sull'accento straniero dei cantanti. E chiedersi invece perché musiche come queste siano riscoperte e proposte da degli artisti stranieri che sarebbero solo da ringraziare, no eh? Basterebbe dare una rapida scorsa al catalogo della sola Alpha per rendersi conto che non si tratta affatto di un caso isolato, anzi.

La libreria di Salvemini

Nel 1955 Bruno Pincherle fece visita a Gaetano Salvemini, che aveva conosciuto nel 1924 all'università di Firenze, dove aveva seguito il suo corso sulla rivoluzione francese. Pincherle nel 1925 aveva condiviso con i fratelli Rosselli ed Ernesto Rossi, ma considerando se stesso "nel modesto rango dei distributori", l'esperienza del primo foglio clandestino antifascista Non mollare, la cui impostazione "veniva tutta da Salvemini".
Avevo trovato Salvemini nella modesta pensione in cui abitava. Viveva ad ottant'anni passati così come siamo vissuti anche noi a vent'anni (ma non so se saremmo capaci di vivere ancora), in un'anonima stanza d'affitto, il piccolo tavolo ingombro di carte e di giornali, i libri (al posto della libreria che non c'è) stipati su un valigione poggiato aperto su due seggiole.
Nuova Repubblica, Firenze, a. V, n. 57, p.2
in Monica Rebeschini, Bruno Pincherle. Interventi e scritti politici, Piazzetta Stendhal, 1, Trieste, 2004

(Cfr., volendo, ma proprio volendo.)

mercoledì 17 agosto 2011

Milý Pepo


[Stempel: Tatranské-Matliary - 4. III. 21]

Milý Pepo, dobře mě varuješ, ale pozdě, zůčastnil jsem se totiž velkých lyžarských závodů v Poliance - zajisté si o tom v Tribuně četl - a zatrh jsem si při tom nehet pravého malíčka. Nevadí. Potom jsem na lyžích šel zpět do Matliar. Na Křivanu jsem se dal fotografovat jak to na druhé stránce vidís. Přemýšlím tam, [...]


[Timbro: Tatranské-Matliary, 4. 3. 21]

Caro Beppe, fai bene ad avvertirmi, ma è troppo tardi, perché in effetti ho già partecipato alla grande gara di sci a Polianka - ne avrai di sicuro letto sulla Tribuna - e durante la gara mi sono strappato un'unghia del mignolo destro. Fa niente. Dopo sono tornato sugli sci a Matliary. Sul monte Kriváň mi sono fatto fotografare, come puoi vedere sul retro. Vi sto riflettendo [...]

Con-testo: a Kafka era stata diagnosticata la tubercolosi nel 1917 (insomma, la sciata e la gara sono inventate, anche se spero lo si possa dedurre anche senza questa nota. Se invece, noto o meno che fosse il contesto, vi state dicendo "che noia, ancora Kafka", allora avete sbagliato clamorosamente il vostro percorso e vi trovate nel bel mezzo di un imprevisto fuori pista sul monte Kriváň. In tal caso, buon rientro.).
Josef David è il marito di Ottla, la sorella prediletta di Kafka. L'italiano, in realtà, avrebbe un modo straordinario per esprimere questo concetto in una sola parola: cognato, ma oggi, ormai, è andata così.

Carattere maiuscolo, spaziatura doppia

Nel 1939 il Sindacato Fascista Medici ha l'incarico di censire i medici di "razza ebraica" in vista della loro cancellazione dall'albo.
Il 20 agosto del 1939 il dottor Bruno Pincherle, espulso già da dicembre dell'anno prima dalla clinica triestina dove lavorava, invia la propria dichiarazione al sindacato.
Dopo l'arresto, la detenzione in carcere e l'internamento, Pincherle riavrà il proprio posto di lavoro il 15 ottobre 1945.
da Miriam Coen, Bruno Pincherle, Edizioni Studio Tesi, 1995

martedì 16 agosto 2011

BIJ DE GEMEENTEKIST VAN MEVROUW P.

Slaapt ze? Ze slaapt. Na drieëntachtig jaar,
driehonderdvijfenzestig keer per jaar.
haar haar gekamd te hebben, op ik weet niet hoeveel
schoenen door de stad te zijn gelopen,
steeds maar weer die veters, vorken, lepels,
mensen, wat voor mensen, waar dan, slaapt ze.

Ze slaapt en ik, morbide als ik ben, denk aan
haar kam, haar nagelschaar en wenkbrauwstift,
hoe alles, nachtcrème, bankpas, tijdsgewricht,
wordt weggeworpen, uitgewist. En dit,
is dit beschaamde slepen een begrafenis?
Alsof je ongemerkt een munt verliest,

op een verveeld station je krant vergeet, zoiets.
Noem het tragiek, noem het ritme, de tijd,
die vuile carnivoor, zorgt steevast voor een eind
dat stinkt. Maar ze slaapt nu, ze slaapt.
Dus dek haar toe en zorg dat haar vermoeide voeten
nooit meer de straat op hoeven.

Menno Wigman


Davanti alla bara comunale della signora P.

Dorme? Lei dorme. Per più di ottantatré anni,
trecentosessantacinque volte all'anno
si è pettinata, non so in quante
scarpe ha percorso la città,
sempre ininterrottamente tutti quei lacci, forchette, cucchiai,
persone, che persone, dove poi, lei dorme.

Lei dorme ed io, morbido come sono, penso al
suo pettine, alla sua forbice per le unghie e alla sua matita per le sopracciglia,
a come tutto, crema da notte, bancomat, epoca,
venga gettato via, cancellato. E questo,
questo vergognoso trascinarsi sarà mica una sepoltura?
Come se si perdesse una moneta senza accorgersene,

come se ci si dimenticasse un giornale in una noiosa stazione, una cosa così.
Chiamatela tragedia, chiamatela ritmo, il tempo,
la sporca carnivora provvede sempre ad una fine
che puzza. Ma ora lei dorme, lei dorme.
Allora rimboccatela e abbiate cura che i suoi piedi affaticati
non debbano più percorrere strade.

Alle volte ciò che sta dietro un testo non dovrebbe stare costretto in una piccola nota a piè di pagina, ma dovrebbe, se possibile, affiancare il testo o persino avvilupparlo (un contesto che si fa veramente con-testo). Mi pare sia una di quelle volte, quindi ricomincio. 

*


In Olanda ci sono dei poeti che accompagnano alla tomba le persone che concludono la loro vita con una morte solitaria, in totale assenza di amici o parenti (Eenzame Uitvaart - dichters begeleiden eenzaam gestorven mensen naar hun graf). Componendo e leggendo una poesia ad ognuna di queste persone, ne hanno accompagnate già più di cento, perché non sono così rari coloro che muoiono e vengono sepolti o cremati alla sola presenza dei necrofori, di qualche addetto delle pompe funebri e di un rappresentante dei servizi sociali del comune.

Quella che segue è la poesia che Menno Wigman, uno dei più noti poeti olandesi delle ultime generazioni, appartenente al gruppo di poeti di Eenzame Uitvaart (esequie solitarie) di Amsterdam, ha composto e dedicato alla signora P. Non solo la signora P. è morta in solitudine, ma la sua sepoltura è stata rimandata dal comune fino all'ultimo momento possibile, il 31 dicembre, di mattina prestissimo, perché i costi ne fossero minimizzati.

Mi piace pensare che la signora P. avrebbe approvato tutto, comprese le dilazioni e l'attesa fino al 31 dicembre. Mi piace anche pensare che, in fondo, la signora P. è stata una delle relativamente poche persone al cui funerale la cerimonia abbia previsto qualcosa di concepito espressamente per lei, e non per i vivi, qualcosa di piccolo, di esiguo, denudato di ogni velleità di poterla raggiungere e anche di ogni pretesa di ricordarne il nome.

BIJ DE GEMEENTEKIST VAN MEVROUW P.

Slaapt ze? Ze slaapt. Na drieëntachtig jaar,
driehonderdvijfenzestig keer per jaar.
haar haar gekamd te hebben, op ik weet niet hoeveel
schoenen door de stad te zijn gelopen,
steeds maar weer die veters, vorken, lepels,
mensen, wat voor mensen, waar dan, slaapt ze.

Ze slaapt en ik, morbide als ik ben, denk aan
haar kam, haar nagelschaar en wenkbrauwstift,
hoe alles, nachtcrème, bankpas, tijdsgewricht,
wordt weggeworpen, uitgewist. En dit,
is dit beschaamde slepen een begrafenis?
Alsof je ongemerkt een munt verliest,

op een verveeld station je krant vergeet, zoiets.
Noem het tragiek, noem het ritme, de tijd,
die vuile carnivoor, zorgt steevast voor een eind
dat stinkt. Maar ze slaapt nu, ze slaapt.
Dus dek haar toe en zorg dat haar vermoeide voeten
nooit meer de straat op hoeven.

Menno Wigman


Davanti alla bara comunale della signora P.

Dorme? Lei dorme. Per più di ottantatré anni,
trecentosessantacinque volte all'anno
si è pettinata, non so in quante
scarpe ha percorso la città,
sempre ininterrottamente tutti quei lacci, forchette, cucchiai,
persone, che persone, dove poi, lei dorme.

Lei dorme ed io, morbido come sono, penso al
suo pettine, alla sua forbice per le unghie e alla sua matita per le sopracciglia,
a come tutto, crema da notte, bancomat, epoca,
venga gettato via, cancellato. E questo,
questo vergognoso trascinarsi sarà mica una sepoltura?
Come se si perdesse una moneta senza accorgersene,

come se ci si dimenticasse un giornale in una noiosa stazione, una cosa così.
Chiamatela tragedia, chiamatela ritmo, il tempo,
la sporca carnivora provvede sempre ad una fine
che puzza. Ma ora lei dorme, lei dorme.
Allora rimboccatela e abbiate cura che i suoi piedi affaticati
non debbano più percorrere strade.

lunedì 15 agosto 2011

Testamenti spirituali

A Trieste, di fronte all'ex Stazione Marittima, sul lato destro della cui facciata campeggia una targa in marmo dai toni sobri (Primi dalle navi d'Italia all'amplesso di Trieste balzarono i Bersaglieri - III novembre MCMXVIII), si erge la statua di Nazario Sauro. Ai suoi piedi, ogni anno, in occasione dell'anniversario della morte dell'eroe, viene deposta una corona d'alloro. Con la statua e con le annuali commemorazioni, se ne vuole onorare la memoria perché sia di esempio alle generazioni future. In quelle ed altre occasioni, piace a molti ricordare l'ultima lettera di Nazario Sauro al figlio Nino. La lettera è riportata in grande evidenza anche sulla pagina di Wikipedia a lui dedicata.
Caro Nino,
Tu forse comprendi od altrimenti comprenderai fra qualche anno quale era il mio dovere d'italiano. Diedi a te, a Libero ad Anita a Italo ad Albania nomi di libertà, ma non solo sulla carta; questi nomi avevano bisogno del suggello ed il mio giuramento l'ho mantenuto. Io muoio col solo dispiacere di privare i miei carissimi e buonissimi figli del loro amato padre, ma vi viene in aiuto la Patria che è il plurale di padre, e su questa patria, giura o Nino, e farai giurare ai tuoi fratelli quando avranno l'età per ben comprendere, che sarete sempre, ovunque e prima di tutto italiani! I miei baci e la mia benedizione.
Papà
Dà un bacio a mia mamma che è quella che più di tutti soffrirà per me, amate vostra madre! e porta il mio saluto a mio padre. 
Ci si potrebbe chiedere che fine hanno fatto i figli di Nazario Sauro. Io me lo sono chiesta. Su Albania non ho trovato niente di rilevante. Sugli altri quattro, però, nel tempo, sì.

Nino Sauro
Fondatore del Movimento Giuliano, ammiraglio della Marina Militare.
Continuò, anche dopo la seconda guerra mondiale, perduta dall'Italia fascista, a rivendicare l'italianità dell'Istria.

Libero Sauro
Fondatore e presidente del Movimento Giuliano, comandante del reggimento Istria della Milizia Difesa Territoriale.
Promosse uffici stampa e propaganda in cooperazione con la Decima MAS.

Italo Sauro
Consigliere di Mussolini per l'italianizzazione dei territori del confine orientale.
Chiese al comandante delle SS Günther la deportazione in Germania di tutta la popolazione slava tra i 15 e i 45 anni con poche eccezioni ("Per quanto riguarda la lotta contro i partigiani, io avevo proposto il trasferimento in Germania di tutta la popolazione allogena compresa tra i 15 e i 45 anni con poche eccezioni.")
Fu coinvolto nelle attività della Decima MAS.

Anita Sauro
Insegnante.
Dopo la guerra, nel suo ricorso contro il licenziamento subito nei processi di epurazione perché di noti sentimenti fascisti, ammise i buoni rapporti del fratello Libero con i tedeschi e i fascisti e giustificò la propria iscrizione al partito fascista con il suo carattere obbligatorio per gli insegnanti.

Memoriale+Italo+Sauro
Ho ritrovato stasera Anita risfogliando Roberto Spazzali, Epurazione di frontiera. 1945-1948. Le ambigue sanzioni contro il fascismo nella Venezia Giulia, Libera Editrice Goriziana, 2000. Il resto stava aspettando da tempo di uscire dalle bozze.

Per Janine

A Milano [Janine Cahen e Micheline Pouteau] avevano lavorato incessantemente alla raccolta di testimonianze sulla "guerra senza nome" di disertori, di soldati ritornati dal fronte, lettere... Tutto ciò divenne Una resistenza incompiuta. La guerra d'Algeria e gli anticolonialisti francesi 1954-1962 ([traduzione di Bruno Maffi], casa editrice Il Saggiatore, Milano, 1964), dove "incompiuta" era un'allusione, precisa Micheline Pouteau, non al nuovissimo regime algerino, ma "al ritorno all'ordine in Francia". 
Tratto dal post con cui il blog dei correttori di Le Monde ricorda Janine Cahen, morta il 10 agosto.

Fixons ces dates si graves

Fixons ces dates si graves, qui sont des ères nouvelles pour le genre humain.
Virgile fut imprimé en 1470, Homère en 1488, Aristote en 1498, Platon en 1512.

Michelet, Renaissance et réforme. Histoire de France au XVI siècle, Robert Laffont, 1982

keliaudamas renku žemėlapius o grįžęs nežinau ką su jais daryti

Po spaleniu wszystkich map pozostaje legenda
Robert Morawski

tiek ir radau ryte pabudęs
vienkartinis muiliukas ištrupėję šukų dantys
atklydus eilutė iš tomaszo eilėraščio
tikriausiai įvyko kažkas ko nežinom
tikriausiai įvyko bet kas dabar pasakys

Eugenijus Ališanka


durante i miei viaggi raccolgo mappe, ma quando torno a casa non so più che farmene

Po spaleniu wszstkich map pozostaje legenda(*)
Robert Morawski

al risveglio la mattina
una confezione di sapone e il dente rotto di un pettine
un verso sfuggito da una poesia di tomasz
probabilmente qualcosa che non sappiamo è accaduto
probabilmente è accaduto ma chi potrebbe dirlo ora

(*) Dopo che hai bruciato tutte le tue mappe, rimane la leggenda

domenica 14 agosto 2011

Fronni d'alia

Pino De Vittorio, Fronni d'alia (Fronda d'ulivo)

Fronni d'alia attaccati li tricci
ca lu tu padri t'addà marità
ahi papa papi hai me marità
dimmi tu a ci tu mi vuìe dà.
A cunte Maggio t'hai a pigghià
la prima vota l'agghie da jabbà.
la ninna nanna...

Contenesse le cose necessarie, la rete: sa tutto quello che succede davanti ad ogni singolo caseggiato di ogni sobborgo londinese, ma non ha neanche una misera versione integrale di questo epos di Matera, che io non riesco a completare.

Curriculum vitae

gimiau alkanas
baigiau žaidimą klasėmis
diplomuotas melancholikas
visą gyvenimą dirbau padienius darbus
didžiausias stažas – kišenvagio
trumpai dirbęs klapčiuku prie vieno dievo
ir grabdirbiu prie kito
šiuo metu esu sezoninis rašytojas
gyvenu vienas su žmona ir sūnumi
esu išleidęs daugiau knygų negu parašęs
paskelbęs dešimtis paraiškų
apeliacijų ir aplikacijų
kelis pasiaiškinimus
šiemetinis kelių policijai apdovanotas
kultūros ministerijos premija
bėgių maratono laureatas
prašyčiau darbo pagal specialybę
kur nors prie žemės
kad ir piemeniu
su dūdelės alga

Eugenijus Ališanka


nato affamato
seguito corsi di gioco
diplomato melanconico
una vita di lavori a giornata
attività svolta più a lungo: borseggiatore
per brevi periodi chierichetto per un dio
e fabbricante di bare per un altro
al momento scrittore stagionale
vivo da solo con moglie e figlio
ho pubblicato più libri di quanti ne abbia scritti
redatto dieci dichiarazioni
appelli e candidature
un paio di pareri
quest'anno per i vigili urbani onorati
con un premio del ministero dei beni culturali
laureato in maratona su rotaia
cerco un lavoro all'altezza delle mie qualifiche
a livello terra terra
anche per un salario
da pastore flautista


Signora Stracci - L'hai rimediato er cestino, a Giovà?
Stracci - Ecchelo, er cestino.

sabato 13 agosto 2011

Grøne eple

Sumaren var kald og regnfull.
Epli vart grøne og flekka av skurv.
Men eg plukkar og sorterar
og staplar i kjellaren.
Grøne eple er betre enn inkje
Bygdi ligg på 61° breidd.

Olav H. Hauge
(link)


Mele verdi

L'estate è stata fredda e piovosa.
Le mele erano verdi e bacate.
Tuttavia le raccolgo e le seleziono
e le accatasto in cantina.
Delle mele verdi sono meglio che nessuna
quando si vive al 61° parallelo.

*

Non conosco la poesia norvegese e neanche il norvegese, se è per quello, anche se il tedesco mi aiuta un po' (Grüne Äpfel. Der Sommer war kalt und regnerisch..., sortieren, Fleck, pflücken, stapeln, Keller, Breitenkreis). Tuttavia, il desiderio di conoscerla c'è, soprattutto per curiosità, ma anche, per quanto in minima, marginalissima parte, per non lasciare tristemente senza seguito nei miei pensieri una brevissima frase che Paolo Nori - non ricordo più dove - ha scritto una volta sulla poesia norvegese. Doveva essere una battuta, se ricordo bene, giocata sul fatto che non esisterebbero grandi poeti norvegesi. Non sto dicendo che Hauge sia stato un grande poeta norvegese, anche se potenzialmente sarebbe un buon candidato, se non altro per il mestiere di giardiniere, per i nomi dei poeti che ha tradotto e per l'aver vissuto solo ed esclusivamente ad Ulvik: per il momento so solo che è stato un poeta norvegese. La battuta di Paolo Nori, tuttavia, non sembrava essere troppo ingenua, perché, sempre se ricordo bene, non escludeva per principio che ce ne potessero essere, ma si limitava ad esprimere il fatto che lui, Paolo Nori, di grandi poeti norvegesi non ne conosceva. La sua frase, espressa più o meno in questi termini, presupponeva, perché la battuta andasse a buon fine, un'intesa col lettore italiano, che non necessariamente conosce grandi poeti norvegesi. Anche se quando l'ho letta, proprio come adesso, non conoscevo grandi poeti norvegesi, e quindi ero e sono uguale in tutto e per tutto al lettore cui Paolo Nori pensava di rivolgersi, la battuta non mi aveva fatto per niente ridere, anzi, ma si è lo stesso (forse esattamente per questo) impressa nella mia memoria e ha finito per trovare posto proprio a fianco del ricordo di un giornalista sportivo della RAI, Gianfranco De Laurentiis, il quale, in attesa di un'intervista a Hakkinen alla fine di un Gran Premio di Formula 1, fattosi precedere da un giornalista finlandese che a Hakkinen si era naturalmente rivolto nella propria lingua, così aveva più o meno espresso il proprio disappunto: ma ora lasciamo pure Hakkinen "parlare in finlandese, che è una lingua tutta sua". Ripensandoci ora, non è detto che noi italiani (salvo gli specialisti ed i curiosi che, diversamente da me, vanno a fondo nelle cose) non conosciamo grandi poeti norvegesi solo per questione di distanza linguistica (ma da quando in qua l'italiano è affine all'inglese o al tedesco?), magari è solo questione di traduzioni o anche solo, più in generale, di tempo. Magari non sono ancora nati i grandi poeti norvegesi. Sembrerà un'idea balzana, ma a me piace pensare che un minuto prima che nascesse Dante o un secondo prima che nascesse Shakespeare, ecc. ecc., l'aria fosse satura di tutto quello che serviva per dare vita ad un grande poeta e che, a leggere nel pulviscolo atmosferico, vi si sarebbero trovati terzine e distici belli e pronti. In ogni caso, che dipenda dalle traduzioni, dalla mia attenzione, o dal tempo o dal pulviscolo, aspetto in ogni caso con fiducia, come per ogni letteratura.
Nonostante la battuta sui grandi poeti norvegesi, per la sua opera di traduttore dal russo (Charms! Chlebnikov!) per l'attenzione che dedica ai dialetti, allo stile parlato e all'oralità in generale e anche per quella che dedica alla memoria, a Paolo Nori sono grata e sarei anche più che disponibile a trovargli non appena possibile un altro alloggio nei meandri del mio cervello, lontanissimo da quello del condominio in cui abita Gianfranco De Laurentiis.

Ich lese gerne/Mi piace leggere


Mi piace leggere perché è una specie di muro, una specie di protezione.
Quando guardo per strada e vedo questa gente scema, in realtà posso solo piangere o urlare.
Vivo per strada da quando sono uscito dal carcere. Oltre cinque anni fa. SFD: senza fissa dimora.
La maggior parte del tempo lo passo su una panchina in Mehringdammstrasse, davanti alla Commerzbank
perché lì in qualche modo non si rischia così tanto di prendere botte o di venir derubati.
Prendo il metadone. La mattina mi alzo tra le 2 e le 4 e mezza.
Non mi alzo. Mi giro e vomito. Vomito ogni giorno. È un orrore.
Dopo essermi preso le pastiglie per lo stomaco, dopo essermi bevuto tre birre
e dopo essermi preso il mio surrogato, in una certa misura sto bene.
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Corro in giro tutto il giorno
inverno, estate, festivi, domenica, non fa differenza.
Assistiti come me non hanno un momento libero. È un lavoro da 24 ore al giorno.
Guardo le persone. Mi interesso delle loro vite e cerco di aiutarle ad andare avanti.
La gente mi tratta come se fossi un pezzo di merda perché sono sporco
e perché se mi porto dietro venti chili di borse tutti pensano
quel matto, potrebbe prendersela con me. Per non parlare delle guardie e della polizia.
Mi viene sempre una tale rabbia!
Ho studiato giurisprudenza e non sono riuscito a passare il primo esame di stato due volte.
Non ne ho capito la logica.
E anche adesso, dopo quasi venti processi, non l'ho ancora capita.
Non credo esista qualcuno che abbia più divieti di accesso ai supermercati di Berlino di me.
Con la gente sono ovviamente sfacciato.
Con la polizia, col tempo, ho imparato naturalmente a fare attenzione.
Con i bambini e con i cani vado d'accordo.
Sì, con i bambini e con i cani vado d'accordo.

Gero W.